La contrattualizzazione all’Arpa del dirigente proveniente dall’Irccs “Bonino Pulejo” di Messina era regolare. Nessun danno erariale è stato dunque cagionato dall’allora dirigente generale Francesco Licata di Baucina, oggi in pensione. La Sezione giurisdizionale di appello per la Regione siciliana della Corte dei conti ha definitivamente assolto, con una motivazione così sintetizzabile, l’ex dirigente generale difeso dall’avvocato Alessandro Dagnino, socio cofondatore dello studio Lexia Avvocati, con un team composto dagli avvocati Ambrogio Panzarella, Martina Abate e Gerlando Palillo.
Già in primo grado Licata di Baucina era stato assolto dall’accusa di danno erariale, quantificato in 98mila euro. Per la Corte non era stata fornita la prova della colpevolezza del dirigente generale, che – secondo la ricostruzione della Pubblica accusa – avrebbe violato la normativa sul divieto di assunzioni. Avverso la decisione la Procura ha proposto ricorso in appello.
Nell’esame del caso, il collegio composto da Salvatore Chiazzese (presidente), Guido Petrigni (consigliere), Giuseppe Colavecchio (consigliere), Francesco Albo (consigliere) e Giuseppe Cernigliaro (consigliere ed estensore) ha preliminarmente ritenuto di dover verificare se, nel 2016, momento in cui si realizzò l’attribuzione dell’incarico dirigenziale, l’Arpa fosse sottoposta o meno al blocco delle assunzioni e, a questo fine, ha ritenuto dirimente la riconducibilità al perimetro sanitario dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente. Infatti, mentre per gli enti regionali vige dal 2008 il divieto di assumere nuovo personale, tale divieto non si applica agli enti del settore sanitario.
“Solo nel 2018, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 172/2018 (pubblicata in data 25.7.2018) – si legge nella decisione -, è mutato il suddetto quadro normativo ed interpretativo in quanto il Giudice delle leggi ha ritenuto che l’Arpa Sicilia non potesse essere qualificata come ente del settore sanitario”. Da qui la conclusione che la condotta di Licata di Baucina, risalente a due anni prima, non potesse ritenersi antigiuridica.
Esprime soddisfazione l’avvocato Alessandro Dagnino. “Si tratta di un’assoluzione piena – commenta – con la quale i giudici, accogliendo la tesi da noi sostenuta sin dall’inizio del processo, hanno sancito la conformità della condotta del nostro assistito al diritto vigente al tempo dei fatti”.