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Nuova vittoria per Dagnino e Lexia in materia di credito di imposta per ricerca e sviluppo

9 Settembre 2025

È insufficiente, oltre che viziata da gravi errori nei presupposti giuridici, la motivazione dell’atto di recupero del credito di imposta per ricerca e sviluppo con il quale l’Agenzia delle entrate contesti, con formule stereotipate e petizioni di principio, che i progetti realizzati dall’impresa non apporterebbero alcun contributo all’avanzamento delle conoscenze generali e quindi al benefico per l’intera economia. Ad affermarlo è la Corte di giustizia tributaria di Palermo che ha accolto il ricorso di una società palermitana con sede operativa a Viareggio operante nel settore dell’arredamento navale, alla quale l’Agenzia delle entrate aveva contestato l’inesistenza del credito chiedendo la restituzione di 341mila euro, una somma lievitata a circa 700 mila euro con l’imposizione degli interessi e delle sanzioni del 100 per cento.

La sentenza

La società, assistita dallo studio Lexia Avvocati, con un team composto dal managing partner Alessandro Dagnino e dal Counsel Antonino Calcò, ha così ottenuto il riconoscimento del credito su due progetti di Ricerca e Sviluppo aventi ad oggetto la ingegnerizzazione dei processi produttivi nel settore dell’arredamento navale e la realizzazione di due prototipi di arredo.

Con un atto di recupero del 2024, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato che le attività svolte dalla società non rientrassero nella nozione di ricerca e sviluppo, ma sarebbero state qualificabili come ordinarie attività di progettazione e miglioramento prodotti.

In particolare, secondo l’Agenzia sarebbe mancato il requisito della “novità” richiesto dal “Manuale di Frascati” e dalle circolari che la stessa Amministrazione ha, però, emesso in epoca successiva al completamento dei progetti di ricerca realizzati dalla Società.

Accolta la tesi della difesa

Accogliendo le tesi della difesa della società, il collegio ha annullato la pretesa fiscale e riconosciuto la spettanza del credito d’imposta che la società ha utilizzato in compensazione nell’anno d’imposta 2018. I giudici hanno evidenziato che “Questa postuma interpretazione della compiuta normativa positiva già pienamente vigente fin dal 29.7.2015 (data di pubblicazione sulla G.U. del decreto interministeriale del 27.5.2015 denominato “Attuazione del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo”) è fondata sul c.d. “Manuale di Frascati” (“Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development”), atto redatto in una lingua straniera e completamente estraneo all’ordinamento giuridico nazionale, che non può assolutamente avere quella valenza interpretativa di carattere generale che il Mi.S.E. e l’Agenzia delle Entrate gli vorrebbero attribuire”.

La dichiarazione

«Si tratta di un’importante decisione che si aggiunge ad altre già ottenute dallo studio, con la quale viene sconfessata la prassi dell’Amministrazione finanziaria di emettere atti fondati su motivazioni apodittiche e stereotipate, con particolare riguardo alla materia dei crediti d’imposta per ricerca e sviluppo e viene chiarita l’irrilevanza del restrittivo concetto di “novità” previsto dal manuale di Frascati», afferma l’avvocato Alessandro Dagnino.

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