Si ritiene spesso che di fronte alle cartelle di pagamento vi siano limitati margini di difesa, specie quando le cartelle vengono emesse per la riscossione di debiti tributari dichiarati e non pagati, ovvero in seguito ad atti d’imposizione divenuti definitivi (es. avviso di accertamento non impugnato), ovvero ancora per riscuotere somme in pendenza di giudizio.

Si tratta di una convinzione sbagliata.

Quasi sempre, infatti, si può proporre ricorso – o, come si usa dire, opposizione – per chiedere l’annullamento delle cartelle esattoriali per vizi formali.

Ecco alcuni vizi formali che, in molti casi, hanno determinato l’annullamento delle cartelle di pagamento, in caso di ricorso al Giudice tributario.

Mancanza di sottoscrizione della cartella esattoriale

La cartella esattoriale è un atto amministrativo e, come ogni atto, per spiegare effetti giuridici dovrebbe essere sottoscritta dalla persona fisica che la ha formata, altrimenti potrebbe essere ritenuta inesistente, come confermato da alcune sentenze delle Commissioni tributarie. Una norma di legge del 2009 ha stabilito che la sottoscrizione autografa può essere sostituita dalla firma a stampa del funzionario responsabile dell’adozione della cartella. Ciononostante molte cartelle sono sottoscritte con l’anonima indicazione a stampa della ragione sociale dell’Agente della riscossione e non con il nominativo del funzionario responsabile dell’adozione dell’atto.

La Commissione tributaria provinciale di Palermo, con un’importante sentenza del 2011, confermata da altre pronunce del 2012 e del 2013, ha ritenuto che la cartella esattoriale recante la generica indicazione della denominazione dell’Agente della riscossione è da considerarsi giuridicamente inesistente e che tale vizio può essere fatto valere in ogni tempo, anche oltre il termine per la proposizione del ricorso, fissato normalmente in sessanta giorni dalla notifica dell’atto. Secondo questa giurisprudenza, pertanto, anche le “vecchie” cartelle possono essere contestate.

Relata di notifica della cartella esattoriale apposta sul frontespizio

Le cartelle esattoriali devono essere notificate, altrimenti non spiegano effetti. Per le notifiche, salve alcune eccezioni, si applicano le regole generali previste nel codice di procedura civile, ivi inclusa la regola che prevede che la relata di notifica sia apposta in calce all’atto (art. 148 c.p.c.). Se la relata di notifica è apposta sul frontespizio, anziché nell’ultima pagina, parte della giurisprudenza ritiene la cartella gravemente viziata, al punto da ammettere il ricorso senza scadenza. Solo da pochi anni le cartelle recano la relata di notifica in calce, essendo stato modificato il modello ufficiale. Le cartelle più risalenti, invece, si pongono in contrasto con l’art. 148 c.p.c.

Relata di notifica della cartella esattoriale illeggibile

Nella relata di notifica apposta nella copia della cartella esattoriale consegnata al debitore devono essere chiaramente leggibili la data di notifica, nonché il nome e la qualifica del notificatore e del consegnatario. Altrimenti, secondo parte della giurisprudenza, la cartella è inesistente e può essere impugnata in qualunque momento, senza scadenza. Questo principio è stato confermato da numerose sentenze della Commissione tributaria provinciale in giudizi curati dall’avv. Alessandro Dagnino, oltre che dalla Suprema Corte di cassazione. Maggiori informazioni negli articoli pubblicati in questa sezione JURA e nella Rassegna Stampa.

Mancanza della motivazione della cartella esattoriale

La giurisprudenza ritiene che le cartelle esattoriali debbano essere adeguatamente motivate, ancorché in modo succinto. Una cartella è ben motivata quando le ragioni della pretesa in essa contenuta sono comprensibili anche per un cittadino medio, non dotato di conoscenze specialistiche. Spesso le indicazioni contenute nelle cartelle appaiono ripetitive o generiche, in particolare con riguardo alle sanzioni e agli interessi.

Decadenza dell’Agente della riscossione

Le cartelle esattoriali devono essere notificate dall’Agente della riscossione (Equitalia, SERIT, Gerit, etc.) entro certi termini, a pena di decadenza. Se vengono notificate fuori termine, si può proporre ricorso per ottenerne l’annullamento. I termini variano al variare dei presupposti in base ai quali vengono iscritte a ruolo le somme.

E’ opportuno sottolineare che, in tutti i casi sopra menzionati, si tratta di questioni aperte, sulle quali la giurisprudenza non è ancora unanime.

Per far valere i suindicati vizi mediante ricorso tributario o opposizione è pertanto consigliabile farsi assistere da un difensore abilitato.

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