A partire dal mese di agosto 2011 migliaia di avvocati palermitani hanno ricevuto la notifica di avvisi di accertamento TARSU emessi dal Comune di Palermo per gli anni 2006 – 2010.

Da una disamina degli accertamenti sottopostimi da numerosi colleghi mi sembra che possa essere fatta valere l’illegittimità di tali atti, sotto diversi profili.

Eccone, di seguito, alcuni.

1. Normalmente gli studi professionali ospitano più di un avvocato. Il Comune sembra avere notificato gli avvisi di accertamento a ciascun legale, come se questi fosse unico titolare dello studio indicato come domicilio professionale nell’albo avvocati.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993 prevede, in caso di pluralità di occupanti di un immobile, che gli stessi siano solidalmente responsabili per il pagamento della TARSU. L’Ente locale avrebbe dunque dovuto formulare una pretesa impositiva in solido tra gli avvocati che occupano il medesimo studio professionale.

Inviando un autonomo avviso di accertamento a ciascuno degli occupanti, per l’intera superficie dello studio, invece, ha illegittimamente moltiplicato la tassazione sul medesimo immobile.

In sintesi il Comune pretende di far valere una pretesa creditoria paritaria, anziché solidale tra i diversi occupanti dello stesso immobile.

2. Soprendentemente, dall’esame dei numerosi avvisi di accertamento che mi sono stati mostrati, sembrerebbe che il Comune abbia tassato tutti gli avvocati per una superficie di 200 mq, senza avere accertato le effettive superfici degli studi.

Se l’ipotesi fosse fondata, si tratterebbe di una gravissima violazione di legge, poiché l’Ente locale può tassare un immobile non dichiarato soltanto dopo aver compiuto una specifica istruttoria sulla sua superficie, che non può essere in alcun modo presunta.

L’emissione consapevole di avvisi di accertamento per superfici indicate a titolo forfettario, in assenza di attività istruttoria, sarebbe suscettibile di integrare gli estremi del provvedimento amministrativo dolosamente illegittimo, con le ben note, possibili, conseguenze giuridiche.

3. Gli atti impositivi sono insufficientemente motivati laddove, nelle premesse, fanno riferimento alla generica circostanza che l’istruttoria sarebbe stata effettuata sulla base di informazioni fornite “da terzi”.

4. Nonostante l’ormai costante giurisprudenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo, il Comune insiste nell’applicazione, anche per gli anni 2007 – 2010, dell’aumento del 75% introdotto con la delibera di Giunta comunale del 2006, annullata dal TAR Sicilia su ricorso patrocinato dal sottoscritto.

5. In tutti gli atti da me esaminati è applicata la sanzione per omessa o infedele dichiarazione, pari al 200% dell’imposta non versata. Si tratta del massimo edittale previsto dalla norma sanzionatoria (il minimo è il 100%). L’applicazione dei massimi edittali, per costante giurisprudenza, deve essere oggetto di specifica e circostanziata motivazione dell’ente impositore, con riguardo ai criteri di commisurazione fissati dal D.Lgs. n. 472 del 1997. La mancanza di motivazione determina l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio.

Questi e diversi altri i motivi dei ricorsi che sto predisponendo nell’interesse di diversi Colleghi. Anche se alcuni non hanno provveduto, in passato, al versamento della TARSU, il Comune ha il potere-dovere di chiedere il giusto e non può certo applicare aumenti non dovuti o sanzioni sproporzionate.

Alessandro Dagnino

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